martedì 25 settembre 2012

Vita alle Carrare

Masseria Le Carrare, Sternatia
"Sveglia, bambini! Il sole è già sopra l'orizzonte e il lavoro non aspetta! Ciccu, Ronzu, sbrigatevi! Papà e vostro fratello Pati sono già nei campi e se non ci vedono arrivare, sapete che si potrebbero arrabbiare! Catanina, tu resta qui con tuo fratello Narduccio... Recitiamo tutti insieme una preghiera e usciamo".
E' molto bello avere una famiglia così numerosa, ma è anche molto faticoso. Dobbiamo darci da fare tutti per poter mangiare. E dobbiamo anche lavorare per produrre una quantità di cibo doppia rispetto a quella che ci serve, per poter pagare l'affitto a don Donatantonio De Cataldis, il proprietario della masseria in cui viviamo e lavoriamo: le Carrare, a Sternatia.
E' una bella masseria che, forse, in passato, è stata anche fortificazione. Infatti i muri sono molto spessi e c'è ancora la caditoia che serviva per versare fiumi di olio bollente sui probabili incursori. Non mi sarei mai voluta trovare in una di quelle situazioni! Ora si vive in pace, grazie a Dio, e non ci manca nulla. 
Si chiama "Le Carrare" perchè qui vicino c'è una strada molto antica che si chiama Strada dellu Carru, con i solchi delle ruote di tutti i carri che son passati da lì.
C'è una cisterna, un pollaio, una stalla molto grande, un forno per cuocere il pane, gli alloggi per i "bracciali". 
A don Donatantonio dobbiamo dare metà del raccolto: le primizie sono per lui. Ogni tanto viene qui a controllare che tutto vada per il verso giusto, e noi non lo deludiamo mai.
Ma questo è sicuramente merito di mio marito Carmenu, che è il massaro.
Egli deve gestire tutto: il lavoro nei campi, il pascolo delle vacche e tutti gli altri lavori che cambiano a seconda delle stagioni, scandite dall'ombra dei raggi di sole proiettati sulla meridiana.
Inoltre, deve coordinare il lavoro di tutti i braccianti che lavorano per noi a giornata o a stagione. Siamo proprio una bella squadra!
E i miei figli sono proprio volenterosi: anche se giovani, aiutano come possono.
Ippazio, detto Pati, è il più grande. Ha 15 anni e ormai è autonomo. Lavora di braccia come un adulto. Ci piacerebbe, un giorno, poter acquistare questa masseria e lasciargliela in eredità.
Gli altri sono più piccoli: Francesco, detto Ciccu, ha 10 anni, Oronzo ne ha 8. Poi ci sono Gaetana, detta Catanina, che ha 5 anni e Leonardo, detto Narduccio, che ne ha 3. E chissà che non arrivi un'altra pargoletta a far compagnia alla mia bimba che si deve dimenare in mezzo a tutti questi ometti?
Donata "Uccia" Strafella, Sternatia, 1744


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